Armando Dal Col
Salve amici, questa nuova intervista é un vero e proprio tuffo nella storia.
La storia del Bonsai nel nostro Paese. Armando Dal Col é questo, una pietra miliare per tutti quelli che amano il bonsai, un termine di paragone e, permettetemi, un modello da imitare.
Armando Dal Col, persona modesta e sempre disponibile, ha il suo regno nel SEI WA MUSEUM BONSAI EN (giardino museo della serenità) diventato meta imprenscindibile per appassionati e semplici curiosi.
Inutile parlare delle sue piante, chi non le conosce? Un solo accenno va al suo Faggio Patriarca una della più belle piante che si siano mai viste.
Ora, prima di cadere nella celebrazione del personaggio lascio la penna al Maestro.
Buona lettura
Maestro, con un po di emozione mi accingo all'intervista e mi rivolgo dandoti del tu.
Inizio in maniera forse insolita chiedendoti che ne é del famoso pesco da frutto che fu l'inizio della tua e nostra storia.
Premetto che gli alberi da frutto nel periodo della fioritura il pesco con i suoi fiori rosa pastello era quello che mi emozionava di più, ed é per questo che scelsi in un vivaio nella lontana primavera del 1963 proprio un pesco e dopo qualche giorno una Cydonia da fiore.
Purtroppo non mi resi conto all'epoca delle enormi difficolta che avrei incontrato nello scegliere proprio un pesco, soggetto com'é a malattie quali la "bolla del pesco", la "gommosi" ed altre patologie. Ben diverso sarebbe stato se avessi scelto per esempio un melo, la cui fioritura é seconda solo al pesco con la sua gamma di colori bianco‐rosati.
Ciò nonostante e senza nessunissima esperienza il pesco è vissuto sempre in vaso per ben 34 anni, passando a miglior vita nell'autunno del 1997 a causa delle ife tumorali che si erano propagate in tutte le sue ramificazioni.
Conservo comunque il pesco ed é esposto fra alcuni dei miei trofei poiché lo considero come una reliquia.
Mentre la Cydonia fortunatamente gode ancora ottima salute, ed alla Mostra‐Congresso UBI 2012 ad ARCOBONSAI é stata esposta in uno spazio a me dedicato cosi, migliaia di persone l'hanno potuta ammirare.
Leggendo di te mi hanno colpito i tuoi inizi, ti sei inventato "gli alberi in vaso" ignorando l'esistenza del bonsai dall'altra parte del mondo. Ci puoi raccontare come hai avuto questa intuizione?
Il mio approccio con il Bonsai era dovuto probabilmente al mio DNA e al mio carattere romantico; da ragazzo, infatti, mi piaceva ammirare gli alberi fioriti in primavera, ed allungando un braccio vedevo l'albero proiettarsi sul palmo della mia mano. E fu così che mi nacque l'idea di creare un albero in miniatura che potesse vivere in una ciotola da tenere fra le mani.
Fermo restando che le difficoltà incontrate da te, Giorgi, Franchi e gli altri, pochi, storici pionieri, siano ai piu note, mi piacerebbe che ci raccontassi quello che é stato il nostro big bang, l'inizio di tutto a partire da quel famoso pesco. Cosa vi ha fatto superare tutti gli ostacoli che vi siete trovati di fronte, come avete fatto a non desistere?
Fortunatamente con la prima EUROFLORA di Genova del 1966, mostra che viene riproposta ogni cinque anni, ebbi l'opportunità di leggere un articolo di questo grande evento. L'articolista annotava che fra le novità e le cose piu interessanti da vedere c'erano alberi in miniatura coltivati nei vasi, esposti dai giapponesi, ma non geneticamente nani, bensì creati artisticamente dall'uomo!
Quasi sobbalzai leggendo questa notizia, allora si può fare! Commentai fra me, ma quando cominciai a chiedere in giro nessuno ne sapeva niente. E cosi dovetti "accontentarmi ancora una volta" ad osservare la natura per carpirne i suoi segreti e i suoi molteplici aspetti.
Nel 1968 entrai in possesso di un piccolo manuale appena pubblicato da Edagricole: Bonsai pratico per principianti di Kenji Murata. Era la prima volta che conoscevo la parola Bonsai! Ma fu SOLO nel 1978 dopo aver letto un articolo sul Bonsai scritto da Carlo Oddone, di Torino, che appresi dell'esistenza di altri appassionati. In questo articolo Carlo ci invitava ad incontrarci.
Mi misi subito in contatto e cosi andai a trovarlo a casa sua. Lui conosceva altre sei sette persone in Italia appassionate di Bonsai e, fra queste, Gianfranco Giorgi di Firenze che incontrai successivamente, e fu proprio grazie a Gianfranco col suo grande entusiasmo che mi coinvolse maggiormente, destando in me quella scintilla che ha fatto scattare il big bang.
Infatti, per ben 15 anni sono stato completamente isolato senza conoscere nessuno che ne sapesse qualcosa, poiche il mio unico Grande Maestro e stata la NATURA!
Facciamo un salto di qualche decina d'anni, cosa ti piace e cosa non ti piace del bonsai odierno?
In questi decenni, il Bonsai italiano si é evoluto notevolmente grazie alla conoscenza, alla maggiore informazione e, soprattutto, alla scelta dei materiali di partenza.
Come sono lontani quei tempi quando partivo anche dal seme. Oggi giorno, si notano dei Bonsai che sembra abbiano subito quasi tutti dei grossi traumi dovuti per lo piu da "ipotetici colpi di fulmine" per ridurne le dimensioni. Ma, ahime, dove sono finite le proporzioni dei rami rispetto alle dimensioni del tronco!
Il mio approccio con il Bonsai era dovuto probabilmente al mio DNA e al mio carattere romantico; da ragazzo, infatti, mi piaceva ammirare gli alberi fioriti in primavera, ed allungando un braccio vedevo l'albero proiettarsi sul palmo della mia mano. E fu così che mi nacque l'idea di creare un albero in miniatura che potesse vivere in una ciotola da tenere fra le mani.
Fermo restando che le difficoltà incontrate da te, Giorgi, Franchi e gli altri, pochi, storici pionieri, siano ai piu note, mi piacerebbe che ci raccontassi quello che é stato il nostro big bang, l'inizio di tutto a partire da quel famoso pesco. Cosa vi ha fatto superare tutti gli ostacoli che vi siete trovati di fronte, come avete fatto a non desistere?
Fortunatamente con la prima EUROFLORA di Genova del 1966, mostra che viene riproposta ogni cinque anni, ebbi l'opportunità di leggere un articolo di questo grande evento. L'articolista annotava che fra le novità e le cose piu interessanti da vedere c'erano alberi in miniatura coltivati nei vasi, esposti dai giapponesi, ma non geneticamente nani, bensì creati artisticamente dall'uomo!
Quasi sobbalzai leggendo questa notizia, allora si può fare! Commentai fra me, ma quando cominciai a chiedere in giro nessuno ne sapeva niente. E cosi dovetti "accontentarmi ancora una volta" ad osservare la natura per carpirne i suoi segreti e i suoi molteplici aspetti.
Nel 1968 entrai in possesso di un piccolo manuale appena pubblicato da Edagricole: Bonsai pratico per principianti di Kenji Murata. Era la prima volta che conoscevo la parola Bonsai! Ma fu SOLO nel 1978 dopo aver letto un articolo sul Bonsai scritto da Carlo Oddone, di Torino, che appresi dell'esistenza di altri appassionati. In questo articolo Carlo ci invitava ad incontrarci.
Mi misi subito in contatto e cosi andai a trovarlo a casa sua. Lui conosceva altre sei sette persone in Italia appassionate di Bonsai e, fra queste, Gianfranco Giorgi di Firenze che incontrai successivamente, e fu proprio grazie a Gianfranco col suo grande entusiasmo che mi coinvolse maggiormente, destando in me quella scintilla che ha fatto scattare il big bang.
Infatti, per ben 15 anni sono stato completamente isolato senza conoscere nessuno che ne sapesse qualcosa, poiche il mio unico Grande Maestro e stata la NATURA!
Facciamo un salto di qualche decina d'anni, cosa ti piace e cosa non ti piace del bonsai odierno?
In questi decenni, il Bonsai italiano si é evoluto notevolmente grazie alla conoscenza, alla maggiore informazione e, soprattutto, alla scelta dei materiali di partenza.
Come sono lontani quei tempi quando partivo anche dal seme. Oggi giorno, si notano dei Bonsai che sembra abbiano subito quasi tutti dei grossi traumi dovuti per lo piu da "ipotetici colpi di fulmine" per ridurne le dimensioni. Ma, ahime, dove sono finite le proporzioni dei rami rispetto alle dimensioni del tronco!
Ti faccio una confessione, sfogliando le pagine del tuo sito sono rimasto ammirato dalla foto della tua betulla. Quattro decenni passati assieme, quattro decenni di cure quotidiane. Cosa si prova a condividere piu di meta della propria vita a prendersi cura di una pianta?
La storia di questa betulla nata da seme nata nella primavera del 1966, inizia ad essere documentata con la prima foto del febbraio del 1971, quando decisi di dargli una forma ispirandomi alla Sophora japonica tortuosa.
Purtroppo, la totale mancanza di informazioni sulle tecniche bonsaistiche, se non quelle da me sperimentate, non mi avevano aiutato a conoscere le esigenze della betulla che mal sopporta ad essere modellata e frequentemente potata grazie alla sua vigoria, abbandonando facilmente dei rami per ritiri di linfa. Cio nonostante le difficolta incontrate (e che incontro tuttora) é la consapevolezza di accettare questa disciplina del Bonsai che e calma ma severa, e vivere in armonia con le leggi della natura.
Il tuo giardino museo bonsai della serenità é meta di migliaia di persone, a parte il naturale interesse degli appassionati, qual'e l'atteggiamento che hanno i semplici curiosi nei confronti delle tue piante?
Quello che percepisco nelle persone che visitano il mio giardino bonsai e il loro atteggiamento mentale in un totale "abbandono" dai problemi della vita; qui sembrano essere soggiogati dall'atmosfera rarefatta che emana il museo con i suoi I Bonsai, non semplicemente esposti, ma inglobati nel verde quasi fossero un tutt'uno; divengono cosi un luogo di riflessione, di meditazione, di ricreazione, di diletto.
Ed é per questo che provano una grande serenità in presenza di queste piante.
Torno all'Armando Dal Col pioniere. Che sensazioni provi nel pensare che il bonsai italiano deve a te una buona parte di quello che é oggi?
Mi piace pensare di lasciare una traccia della mia esistenza poiché la vita di un uomo e talmente effimera che scompare al primo soffio dil vento. Per passare ai posteri ho SOLO la certezza del mio nome che resterà per quello che ho fatto, se qualcuno vorrà ricordarmi.
Tanti sono stati i tuoi viaggi in Giappone. Che influenza hai avuto dal mondo nipponico?
Sicuramente l'estrema cura dei giardini Bonsai giapponesi e quelli dei templi, tutti estremamente curati fino all'ossessione, dove ci si sente coinvolti in un'atmosfera rarefatta intrisa di filosofia Zen.
Compagna di vita e discepola, fondamentale sembra il ruolo di tua moglie Haina con la quale formate un binomio unico e di assoluto valore, ma poco si sa dei suoi inizi. Prima di conoscerti era gia parte di questo mondo?
Nel mio primo viaggio nelle Filippine avvenuto nel dicembre del 1986 ero stato invitato da Serapion Metilla, sicuramente il leader del bonsai nelle Filippine. Dopo aver svolto alcune dimostrazioni fra i maggiori collezionisti, volli avventurarmi fra le isole dell'arcipelago come un semplice turista. Grazie alla guida di amici filippini incontrati li, conobbi Haina, e fui il primo europeo a metterci i piedi nella sua isola. Mi colpì particolarmente la dignità di Lei e della sua famiglia pur essendo di una povertà assoluta. Haina saltuariamente lavorava a Manila facendo anche la guida turistica. Pur conoscendo i Bonsai non si era mai avvicinata a questo mondo, poichè prediligeva la coltivazione delle orchidee. Dal nostro breve incontro nacque una tenue amicizia che ci permise di frequentarci per un certo periodo e nel febbraio del 1987, nel giorno di San Valentino, ci sposammo a Manila.
Werther Paccagnella che sicuramente molti di voi lo avranno conosciuto, anche se non visto (fu anche Presidente dell'Associazione Italiana Bonsai), é stato un po' il promotore del mio viaggio nelle Filippine, e quando seppe che mi sposavo con una filippina espresse il desiderio di farmi da testimone di nozze, ed io ne fui immensamente grato.
Giunti in Italia, Haina fu colpita dalla mia collezione di Bonsai e, a poco a poco se ne innamorò seguendomi nelle cure quotidiane, imparando le varie tecniche da me usate. La mia fama incontrastata é cresciuta grazie anche ‐ e soprattutto ‐ alla preziosa collaborazione di Haina, divenuta discepola appassionata e silenziosa, dotata di un grande entusiasmo e di un intenso amore per la Natura.
Giunti in Italia, Haina fu colpita dalla mia collezione di Bonsai e, a poco a poco se ne innamorò seguendomi nelle cure quotidiane, imparando le varie tecniche da me usate. La mia fama incontrastata é cresciuta grazie anche ‐ e soprattutto ‐ alla preziosa collaborazione di Haina, divenuta discepola appassionata e silenziosa, dotata di un grande entusiasmo e di un intenso amore per la Natura.
Innumerevoli sono i riconoscimenti avuti dalle maggiori associazioni mondiali, ma qual'è quello che ti ha dato maggiore soddisfazione?
Sicuramente i riconoscimenti avuti dalla Nippon Bonsai Association che é la massima autorita mondiale é molto importante, e cosi pure la profonda stima che colleghi e semplici amatori hanno nei miei confronti.
Ti capita spesso di essere membro di giurie, visti da dietro la "cattedra" come giudichi i bonsaisti italiani?
Vedo con particolare interesse che ci sono diversi giovani artisti degni di nota con i quali non esito a confrontarmi. Purtroppo i ritmi frenetici di quest'ultima generazione che vuole tutto e subito fa dimenticare gli aspetti fondamentali che impone la disciplina del Bonsai.
Ho spesso modo di apprezzare i tuoi interventi e sopratutto i suggerimenti ai meno esperti. A questo proposito ti chiedo quanta voglia di imparare dai piu esperti vedi tra le nuove generazioni. Secondo te c'e poca umilta tra i neofiti?
Sicuramente molti di questi giovani "affilano gli artigl" per farsi strada fra di loro, dimenticando che non é sufficiente saper impostare bene una pianta. Ed é proprio in questo contesto che taluni "peccano" di umilta.
Visto che hai attraversato tutti i cambiamenti dell'associazionismo in Italia, ti chiedo come giudichi l'attuale situazione. Quali le criticità e quali i punti di forza del sistema italiano?
L'associazionismo in Italia è sicuramente all'avanguardia rispetto a molti paesi nel mondo, solo che noi italiani "pecchiamo" troppo di individualismo ed é questo che ci danneggia. Uniti, penso che daremo del filo da torcere ai giapponesi stessi, poiche, anche se eccelsi nella loro arte, non tutti quelli che hanno gli occhi a mandorla ci possono "battere". Ecco perchè l'associazionismo legato ad una associazione sana che rappresenti l'Italia come la nostra amata UBI diventerebbe imbattibile.
Prima di chiudere una domanda d'obbligo, visto che hai lavorato con le essenze piu disparate, ce n'é una che ti da una soddisfazione particolare?
Fra le conifere prediligo il larice poiché esprime le sensazioni di una caducifoglia, la quale muta il suo aspetto nel lento fluire delle stagioni. E poi come potrei non soffermarmi sul faggio, cosi potente da captare la vita che pulsa sui rami ancora spogli.
Nel ringraziarti per il tempo che ci hai dedicato, ti chiedo un saluto per i nostri lettori.
Ringrazio prima di tutto te, Giuseppe Monteleone, per l'intervista fattami e ringrazio soprattutto l'amico Emilio Capozza per aver avuto il pensiero di iniziare proprio con me la serie di interviste dei vari personaggi del Bonsai sul Notiziario UBI.
Un mio pensiero lo dedico infine a tutti i lettori; e per la pazienza con cui leggeranno questa intervista dedico a loro una mia breve poesia legata alla natura. Cliccate sulla foto per il video che racconta la storia della mia vita.