Note sull'estetica del bonsai II

L’estetica è stata definita tradizionalmente come lo studio del bello.

Alcuni studiosi l'hanno definita lo studio delle arti. Altri hanno preferito trattare sia il bello sia l’arte, separando i due campi dell’estetica, ma analizzandoli entrambi.

Ognuno di questi due concetti – il bello e l’arte – appartiene senza dubbio ad una sfera diversa. Il bello non è limitato all’arte, mentre l’arte non è esclusivamente ricerca del bello. Nel caso del bonsai l’estetica è una ricerca del bello; l’estetica spiega l’azione del bello. Cicerone descrive la bellezza quale ordine e convenientia partium, cioè accordo fra le parti. Hegel dice che quanto poco definibile è il bello, altrettanto non si può rinunciare al suo concetto.
Così l’esperienza estetica della natura e quindi del bonsai è una esperienza di immagini. Il bonsai non è un mezzo per suscitare nel discente uno stupore. Nel contesto di una natura silente, pagina dopo pagina viene plasmata la visione del bonsai che si fonde in un vortice in divenire con la natura che ognuno si immagina e che è diversa dalla natura che ci circonda in una condizione metropolitana.

Ecco allora che il bonsai prende forma, una forma a volte incerta ma che, giorno dopo giorno, è pronta a rinascere, a trasformarsi in mano a chi è riuscito infine a manifestare l’essenza assoluta dell’albero. Dalle mie interminabili discussioni con chi ha voglia di apprendere emergono sempre quanta attenzione e quanto interesse in realtà si celano per il bonsai. La realtà visibile della natura, percepita nelle tre dimensioni dell’ottica naturale, non si deve limitare all’osservazione dell’albero, ma alla possibilità di indagarlo negli anfratti più intimi. I medesimi principi di estetica che sono retaggio dello Zen si applicano al bonsai.

Asimmetria, che impedisce l’impressione di staticità e mette in moto quella di movimento. Armonia, tra i diversi elementi, in modo che nessuno risulti esagerato ed esasperato rispetto agli altri. Ritmo, che viene fuori dall’armonia costruita con l’asimmetria.

Questi tre elementi sono realizzabili nel bonsai con l’uso calibrato del vuoto visto come condizione essenziale nell’evidenziazione dei rapporti tra i singoli elementi della pianta. Questo processo che, mediante il vuoto, pone in risalto elementi e le loro relazioni appare ancora più esplicito nell’impalcatura del bonsai.

Semplicità, condizione essenziale nel bonsai perché valorizza ed esalta la forma stessa della pianta e ne agevola la percezione visiva.
Naturalezza, la quale dovrebbe essere il risultato finale apprezzabile dall’osservatore quando sono stati applicati a regola tutti i i principi che condizionano un albero.

Solo allora si potrà parlare di bonsai. È importante tenere presente che ogni parte dell’albero che si deve impostare serve per comunicare una immagine coerente e “veritiera” del bonsai. Soprattutto, nessun elemento deve disturbare l’immagine della pianta che si sta educando.

Tutto ciò significa che la progettazione non deve essere unidimensionale né tanto meno risultare monotona. La tensione è molto importante per il disegno, ma la coerenza dell’insieme deve essere la regola che governa la fase progettuale. In fase progettuale, una maniera semplice per verificarne la validità è quella di porsi alcuni interrogativi su tutti quegli elementi che sono fattori di una particolare efficacia estetica:


- Come è la linea del tronco?

- Qual è il suo movimento corretto?

- Il diametro e l’altezza sono realmente proporzionati?

- La sua collocazione nel vaso è azzeccata?

- I rami hanno la giusta disposizione?

- La parte apicale è ben strutturata?

- L’apparato radicale di superficie è sviluppato in maniera proporzionata al nebari?

- La varietà di albero cosa vuole comunicare all’osservatore?

Ecco alcune risposte che vi aiuteranno nella valutazione:

Il tronco comunica: Potere, mascolinità, età
Le radici di superficie comunicano: Forza, età, mascolinità, movimento direzionale
I rami comunicano: Delicatezza, femminilità, immaturità, tranquillità
Il tronco comunica: Condizioni che alterano la linea del tronco, la femminilità
I rami comunicano: Forza, mascolinità, stabilità, rigidità

Gli stili di base

Iniziamo da un’attenta analisi dei cinque stili-base canonizzati dai giapponesi perché è nostro convincimento parlare di critica estetica che riguarda il bonsai contemporaneo che rimane ancorato, in fondo, alla elaborazione degli stili. Non ricordo chi disse: “è assurdo imparare le regole per poi non saperle infrangere!”.
Chi parla di bonsai d’avanguardia ignora che le avanguardie, le eterne avanguardie hanno sempre alimentato la cecità delle masse nei confronti dell’arte, e il giudizio estetico ha finito per lasciare il posto alla rivoluzione artistica.

In un bonsai la bellezza è intuitiva, non deriva da nessun ragionamento: lontana dalla ragione e dai concetti sul bello. Il bonsai esiste in tre dimensioni e il tempo è legato alla forma della pianta. La differenza sostanziale fra gli stili giapponese e cinese sottendono la difficoltà per gli occidentali nel creare uno stile particolare. Lo stile cinese predilige la forma del tronco e dei rami mentre in quello giapponese e altrove è preferito il fogliame.

CHOKKAN, lo stile eretto formale

Il bonsai con il tronco rigidamente verticale si può ottenere seguendo alcune semplici regole. In natura si trovano alberi con portamento simile in soggetti vetusti; nel costruire un bonsai con questo stile bisogna idealizzarne quelle che sono le caratteristiche fondamentali.
Un buon Eretto formale ha il tronco perpendicolare al suolo, che si dirige verso l’alto e che nel quinto superiore si divide in piccoli rami. In natura si trova del materiale di partenza con il quale si può realizzare un soggetto non troppo rigidamente, con ampia chioma e un nebari robusto.
La costruzione prevede il tipico tronco verticale che si va sempre più assottigliando, i rami orizzontali, alternati, lungo un percorso a spirale che si snoda verso l’apice. Nella parte anteriore si pretende la visibilità del tronco e dei rami bassi. Particolare importanza per il bonsai in questo stile riveste il primo ramo.
Bisogna fare attenzione che il diametro del tronco sia proporzionato alla larghezza della chioma. I bonsai con chioma larga hanno bisogno di un tronco robusto, soggetti con tronco più esile vogliono una chioma rarefatta e il diametro del tronco deve essere il 10% della larghezza del bonsai.

L’impostazione dei rami richiede molta attenzione della definizione del progetto; il primo ramo, quello inferiore posto più in basso, deve avere un aspetto robusto, marcato perché delinea la personalità del bonsai. Il secondo va posto nella parte opposta al precedente e deve essere pur’esso robusto.

Gli altri vanno assottigliando e si alternano via via verso l’apice, disposti tutt’intorno al tronco e su esso distribuiti. Nel tratto di tronco esistente fra i palchi conservati, non deve essere lasciato nessun altro ramo.
Un buon “piede” con un apparato radicale di superficie disposto a raggiera, ben equilibrato costituiscono un’ottima premessa per avere un bonsai ben costruito. Nella disposizione dei palchi bisogna fare in modo che gli spazi fra ramo e ramo diventino più brevi man mano che si arriva alla zona apicale.
I vasi adatti a questo stile possono essere rettangolari od ovali. La grandezza del vaso dipende dalla larghezza del bonsai e dal diametro del tronco.

MOYOGI, lo stile eretto casuale

Questo è forse lo stile più comune sia in natura che nel bonsai e si adatta alla maggior parte delle specie. A causa delle condizioni ambientali - vento, ombra e competizione con altri alberi nella ricerca di luce e acqua - il tronco si inclina, si piega e cambia direzione. La pianta presenta un portamento tendenzialmente eretto - verticale o con angolazioni entro i 15° dalla verticale - e di profilo ben equilibrato. L’inclinazione o una curva piuttosto marcata del fusto devono trovarsi sul piano orizzontale del fronte e non in direzione dell’osservatore. Si ha un tronco robusto e sofferto, con forti radici di superficie, che si erge inclinato dal terreno. I rami principali più bassi sono robusti e disposti nelle parti laterali del tronco. La disposizione del primo ramo è posta all’esterno di una curva, è robusto e dà carattere al bonsai.

I rami successivi vanno posti sempre all’esterno delle successive curve del tronco e questo mette in rilievo la forma del fusto. All’apice della pianta i rametti si collocano a raggiera in tutte le direzioni. Gli interspazi fra i rami diminuiscono via via verso l’apice assieme al diametro del fusto e dei rami principali. Il tronco e la corona apicale si inclinano verso l’osservatore:
visto lateralmente il bonsai è proteso in avanti.

Stile prostrato

Spesso assumono questo portamento gli alberi che crescono sopra o accanto a pareti verticali di roccia o lungo fiumi e laghi dove l’acqua, riflettendo la luce sulla parte inferiore dei palchi fogliari, invita i rami più bassi ad estendersi al di sopra della superfici luminosa. Come principio generale, la linea di un tronco è prostrata quando è compresa tra i 45° sopra e appena sotto l’orizzonte, e termina all’altezza del bordo del contenitore, o poco più in basso. Questa regola non è assoluta e molto dipende dall’impatto d’insieme: un andamento marcatamente orizzontale sarà definito prostrato anche se termina al di sotto del bordo dei vaso. La presenza di radici esposte funge da contrappeso all’angolazione del tronco, come avviene nello stile inclinato.

Stile inclinato Un albero esposto a forti venti tende a crescere nella direzione del vento più costante, mentre alberi che crescono all’ombra di edifici, rupi o altri alberi mutano l’inclinazione del tronco per cercare la luce.

Caratteristica di questo stile è l’angolo costante del tronco dalla base all’apice, un’apertura massima di 45 gradi dalla verticale; il tronco in sé può essere diritto o curvo. Le specie botaniche adatte sono numerose. Le radici visibili assumono una connotazione di ancoraggio e sono generalmente compresse sul lato con angolo acuto e distese dalla parte opposta, per reggere il peso squilibrato della pianta.

Stile a cascata

Rappresenta un albero che cresce sporgendosi da un dirupo. La direzione del tronco verso il basso è dovuta al peso della pianta, della neve e persino di eventuali valanghe o slavine. Generalmente la linea del tronco, in questi bonsai, cade al di sotto dell’orizzonte e termina sotto il livello del fondo del vaso. Quest’ultima tuttavia non è una regola assoluta, poiché se l’impatto visivo è fortemente direzionale verso il basso, il bonsai può venire definito a cascata anche se l’apice non giunge a livello della base del vaso. Come per il prostrato, questo stile non si adatta ad alberi con un marcato portamento verticale.

Stile a ceppo comune

Avviene quando più tronchi crescono dallo stesso apparato radicale in formazione compatta e si dipartono dal piede a cercare il proprio spazio vitale. Ne esistono numerosi esempi naturali in certi boschi dove, un tempo, si eseguiva la ceduazione: una pratica in disuso per la produzione di legname in cui gli alberi venivano capitozzati e i nuovi getti, diritti e vigorosi, costituivano ottimo materiale per recinzioni e altri lavori di costruzione. Vi sono alcune specie con una naturale tendenza a sviluppare tronchi in questo modo.

Stile a zattera

Si ispira a quegli alberi che, in natura, sono caduti al suolo ma hanno continuato a svilupparsi e i loro rami sono cresciuti verticalmente diventando nuovi tronchi. Nel bonsai, questa caratteristica offre l’opportunità di ricavare un progetto interessante da un misero alberello con rami unilaterali, non altrimenti utilizzabile.

Stile sinuoso

Questa conformazione si presenta, in natura, quando spuntano polloni da una radice superficiale o quando un ramo molto basso sfiora il terreno ed emette radici dando vita a nuovi tronchi. Le specie più adatte a questo stile sono quelle con tronchi e rami flessibili (come pino e tasso) o con la tendenza a emettere polloni dalle radici affioranti (come olmo e cotogno);
le essenze che non presentano questa tendenza sono meno idonee. Il termine ‘sinuoso’ sta a definire la sequenza dei tronchi sul terreno che segue una linea curva o contorta dovuta alla crescita disordinata dei polloni, mentre nello stile a zattera la direzione del tronco caduto determina la sequenza dei nuovi tronchi.

Bosco o gruppo di piante

Questo metodo di impianto crea l’effetto di un gruppo di alberi che crescono vicini, di un bosco o di una foresta. L’effetto deve essere molto naturale e non artificioso, cosa più facile da ottenere con un numero dispari di esemplari. I bonsai presentano un minimo di cinque alberi. Il numero dispari, anche se raccomandato dai giapponesi, non è indispensabile per gruppi numerosi, cioè quando sia necessaria una certa concentrazione per contare i singoli esemplari;
vale a dire che un gruppo non sarà mai formato da quattro alberi ma da cinque, mentre sedici potranno dare già una buona impressione e trenta creeranno un effetto di vera foresta.
© RIPRODUZIONE RISERVATA