L’occasione del fare

“Bisogna realizzare, è inutile parlare di come è fatta una casa, bisogna costruirla passo per passo, momento per momento e avere il coraggio di tirarci fuori e metterci in discussione”

afferma Giovanni Michelucci nel libro intervista curato da Andrea Aleardi e Giacomo Pirazzoli, L’ultima Lezione (Biblioteca del Cenide Editore, Cannitello 2001).

Il buon operato può essere discusso solo dopo essere divenuto concreto, è possibile parlare della propria esperienza, della propria ricerca, del proprio punto di vista, quando il frutto è maturato e solo dopo è possibile mettere tutto in discussione e ricominciare da capo.
Attraverso un costante impegno una continua ricerca si prendere coscienza del risultato conseguito.
La riflessione trova spunto dall’insegnamento del maestro, dove alla base dell’opera non si trova il prodotto finito ma l’impegno che l’ha generata. Il valore dell’opera è dato dal tempo passato a ragionare, a sperimentare, a sbagliare e ricominciare tutto da capo, solo in questo modo il percorso tracciato dell’autore nel conseguire il suo risultato, è degno di essere continuato.

Le occasioni di fare sono legate alla volontà soggettiva, una espressione artistica non deve essere necessariamente commissionata per essere realizzata. Ad un pittore è sufficiente una tela per esprimere il proprio pensiero, ad uno scultore è necessario un blocco di marmo e allo stesso modo ad un bonsaista un pianta.
L’opera d’arte, frutto di una ricerca sicura, si struttura e si affina su centinaia di metri di tela dipinta o su decine di metri cubi di marmo scolpito. Nel bonsai le occasioni di lavoro sono legate sempre più spesso alla possibilità di avere a disposizione del materiale interessante da formare.

Spesso però ad un bonsaista giovane è più utile, per costruire un’esperienza sicura, un lavoro costante su piante “comuni” anzichè su un raro esemplare di carattere. Le fasi che caratterizzano la realizzazione di un bonsai sono diverse e presentano molteplici sfaccettature fino a rendere ogni esperienza unica e irripetibile, le variabili offerte da un pianta sono infinite e solo un approccio diretto può affinare la sensibilità necessaria a valutare pregi, difetti, punti di forza di un esemplare.

La strada percorsa all’inizio della formazione personale alla cultura del bonsai è spesso legata alla lavorazione di piante acquistate in vivaio con poche decine di euro, che spesso vengono velocemente messe da parte e sostituite con piante più “impegnative”, senza comprendere che queste sono la base per imparare e soprattutto per tenersi allenati alla disciplina del bonsai. Nella fase pratica di realizzazione non esiste alcuna differenza tra una pianta da pochi euro ed un esemplare importante, il sentiero del fare è tortuoso e faticoso in entrambi i casi.

Nella prima fase, solitamente quella della scelta, è molto più complesso cogliere delle sfumature interessanti che dovranno essere esaltate successivamente con il progetto, la legatura allo stesso modo richiede l’affinamento della manualità che solo un continuo passaggio di filo tra i rami può dare. Il valore di una pianta comune e quello di un interessante esemplare al fine della formazione personale e del continuo allenamento può essere considerato pari.

La differenza è legata ad un grado di libertà in più offerto dal piccolo esemplare acquistato in vivaio, la facile possibilità di recupero e l’economia del materiale che sommate si trasformano in maggiore possibilità di lavoro da dedicare alla pratica del bonsai. La riflessione condotta sin qui è frutto di alcune considerazioni volte a mettere in discussione il lavoro svolto sino ad ora e ricominciare da capo mettendo da parte, questa volta, le piante più interessanti e recuperando quelle che apparentemente possono sembrare di poco conto, con il solo fine di scegliere, comporre, legare il più possibile.

Questo modesto contributo è da introduzione ad un lavoro pratico svolto negli ultimi mesi e che ha portato ad un risultato personale, non nella qualità del prodotto finito ma nell’affinamento delle pratiche necessarie per percorrere la via del bonsai.

La prima fase è legata alla scelta della pianta da lavorare, nel caso specifico, questa è avvenuta con il preciso scopo di porre attenzione a degli esemplari, scelti per la facile reperibilità piuttosto che per quegli aspetti riconducibili al carattere di un bonsai. Le piante di cui si parla sono degli esemplari di Ginepro Pfitzeriana acquistati in vivaio. Da questa base di partenza si sviluppano e si affinano i successivi punti della lavorazione; la conoscenza delle “forme” dell’esemplare, che avviene attraverso l’osservazione e il ridisegno della pianta, strumento utile a rivelare sfumature non subito chiare allo sguardo.

Il disegno diviene elemento sul quale si strutturano le idee di progetto, ogni pianta offre la possibilità di spaziare e muoversi attraverso più soluzioni finalizzate a condurre visivamente ad uno stato di completezza dell’esemplare da lavorare.

Image
Image
Image
Image
Image
Attraverso il progetto si entra nel merito delle scelte di tipo formale: fronte, inclinazione, movimento e disposizione della ramificazione, elementi caratterizzanti del bonsai, dove lo strumento del disegno diviene elemento di prefigurazione delle scelte che compongono il progetto della pianta. Superata la verifica degli elementi che abbiamo a disposizione, necessari alla fattibilità del progetto, il passo successivo diviene l’atto pratico ovvero la realizzazione, l’intervento diretto sull’esemplare, ora la potatura svolge il compito, attraverso l’eliminazione di ciò che non riteniamo opportuno, di mettere in chiaro tutto quello che la vegetazione ha mantenuto in ombra.

A questo punto abbiamo a disposizione tutti gli elementi necessari per concretizzare ciò che prima era una possibile soluzione, la struttura della pianta si è chiarita, il fronte è deciso, sono stati scelti i rami che ci sono utili al disegno finale. Il filo di rame diventa utile per mettere tutti gli elementi della composizione al loro posto, così come stabilito e verificato nelle fasi precedenti.

Il progetto di questi piccoli ginepri ha una matrice comune ovvero il compito di mettere in chiaro gli elementi che consentono la lettura corretta di un bonsai. In tutti gli esemplari lavorati sono di immediata individuazione le parti che compongono la pianta: una direzione, sottolineata da un primo ramo e confermata dall’apice, a questi si contrappone sempre un volume di chioma che stabilisce equilibrio e continuità, sullo sfondo la ramificazione ha il compito di fare percepire la pianta nella sua profondità ovvero secondo i tre assi, tutti questi sono elementi di un “corretto” bonsai che anche se interpretati in modo diverso svolgono un ruolo fondante all’interno della composizione.

La lavorazione dei piccoli ginepri, presentate in modo rapido in questo scritto, diviene occasione per dimostrare, senza alcuna pretesa di stupire, che anche un materiale di partenza “povero” diviene fonte di ricchezza illimitata se analizzata dal punto di vista pratico della realizzazione. Ogni pianta durante il corso di queste veloci lavorazioni ha offerto degli spunti legati alla scelte compositive, formali e pratiche che hanno avuto un valore di gran lunga superiore a quelle che erano le aspettative prima di ripercorrere una strada che spesso viene abbandonata troppo velocemente.


Image
Image
Image
Image
Image
Image
© RIPRODUZIONE RISERVATA