Il Pozzo dei Desideri
La mia nascita come suisekista è recentissima,
diciamo che sono ancora un suisekista in fasce, infatti mi sono avvicinato a quest’arte da meno di un anno. Inizialmente vedevo i suiseki come un possibile accompagnamento ai miei bonsai per arricchire maggiormente il tokonoma, poi ho iniziato a vederli non più come oggetti secondari e mi sono appassionato e avvicinato sempre di più a quest’arte giapponese che fonde assieme cultura e forza espressiva.
La cosa che mi affascina di più è cercare di ricreare attraverso l’esposizione un’immagine il più possibile naturale, ovvero qualcosa che non sia così lontano da una possibile scena nella quale ci possiamo imbattere facendo una passeggiata immersi nella natura.
Io e la mia pietra “il Pozzo dei desideri” ci siamo incontrati circa nove mesi fa, era una mattina fredda e mentre cercavo di svegliarmi con l’aiuto di un caffè l’ho vista, era posata non in riva ad un lago o ad un fiume, ma su un tavolo con il suo bel daiza, ed è stato amore a prima vista. Ho contattato colui che l’aveva raccolta, nonché mio mentore nell’arte del suiseki e dopo qualche giorno la pietra è diventata mia.
A me piace la sua forma che mi ispira sensazioni di calma e tranquillità, inoltre il suo colore così scuro e intenso e la superficie compatta mi hanno convinto che questo suiseki poteva essere apprezzato anche in una mostra. Nel 2012 mi sono iscritto all’AIAS, perché ritengo che far parte di una Associazione Nazionale possa contribuire alla mia crescita come suisekista, ed ho partecipato al Congresso a Firenze. Ho deciso che questa pietra potesse essere all’altezza della mostra e l’ho portata. Sono stato felice di questa esperienza ed ho ricevuto dei buoni apprezzamenti.
Ho deciso allora di portare la pietra alla Mostra Bonsai e Suiseki d’Autunno organizzata dal mio club l’Associazione Culturale Roma Bonsai presso la Città dei Ragazzi a Roma.
Quest’anno una sala della mostra è stata riservata ai suiseki e ne sono stati presentati molti ad un buon livello. Inaspettatamente sabato sera mentre cenavo mi è arrivata una telefonata che mi informava che la mia pietra aveva vinto il premio “Bonsai e Suiseki Magazine” come miglior suiseki.
E’ stata una soddisfazione molto grande per me, ricevere un premio prestigioso che mi incita a proseguire su questa strada.
Anche se il mio pregio non è stato assolutamente quello della scoperta nel vero senso della parola, ho avuto sicuramente il merito di averla notata, mostrata e cercato di accompagnarla nel modo giusto o perlomeno secondo il mio gusto.
La pietra lago detta mizutamari‐ishi mi ha sempre affascinato, mi hanno sempre colpito quelle pietre poste su un suiban con dentro un po’ di acqua che fanno immediatamente pensare alle sorgenti di montagna fresche, refrigeranti e forse è questo l’obiettivo di chi la espone specialmente se lo fa in un periodo caldo.
Visto che la pietra è stata esposta in autunno l’ho lasciata nel suo daiza ed ho completato l’esposizione utilizzando un tempai un po’ particolare che non seguiva le regole dell’esposizione classica ma che aveva soltanto l’obiettivo di richiamare un’immagine vista in un documentario qualche sera prima, che ricorda appunto gli uccelli acquatici che vivono vicino ai laghetti.
Insomma questa antica arte giapponese mi affascina e mi trasmette molta gioia e sono convinto di continuare a “coltivare” questa passione.
E’ stata una soddisfazione molto grande per me, ricevere un premio prestigioso che mi incita a proseguire su questa strada.
Anche se il mio pregio non è stato assolutamente quello della scoperta nel vero senso della parola, ho avuto sicuramente il merito di averla notata, mostrata e cercato di accompagnarla nel modo giusto o perlomeno secondo il mio gusto.
La pietra lago detta mizutamari‐ishi mi ha sempre affascinato, mi hanno sempre colpito quelle pietre poste su un suiban con dentro un po’ di acqua che fanno immediatamente pensare alle sorgenti di montagna fresche, refrigeranti e forse è questo l’obiettivo di chi la espone specialmente se lo fa in un periodo caldo.
Visto che la pietra è stata esposta in autunno l’ho lasciata nel suo daiza ed ho completato l’esposizione utilizzando un tempai un po’ particolare che non seguiva le regole dell’esposizione classica ma che aveva soltanto l’obiettivo di richiamare un’immagine vista in un documentario qualche sera prima, che ricorda appunto gli uccelli acquatici che vivono vicino ai laghetti.
Insomma questa antica arte giapponese mi affascina e mi trasmette molta gioia e sono convinto di continuare a “coltivare” questa passione.