Visione stilistica del Bonsai contemporaneo
Una più matura comprensione degli Stili ed una diversa interpretazione
è possibile a chi si rende disponibile ad un’ottica diversa e non prigioniera degli schemi tradizionali.
Le nuove espressioni del bonsai non devono necessariamente essere trasgressive od oppositive rispetto a quelle codifiche che caratterizzano gli Stili. Un allargarsi del panorama estetico e un recupero di qualità creative e interpretative (dell’albero) può avvenire sicuramente attraverso una ricerca minuziosa, quasi pedante e uno studio più approfondito. In tutti gli Stili albergano i concetti di wabi e sabi propri dall’estetica Zen, riaffermati anche dalla visione stilistica dei più grandi Maestri contemporanei del bonsai che hanno portato interpretazioni innovative a quest’arte. Dal punto di vista percettivo abbiamo
Globalità - Dettaglio
perché è vero ‐ secondo la formula gestaltica ‐ che la somma delle singole parti non è equivalente al tutto; ossia che la globalità, la olisticità dell’albero (dal greco holon, sommatoria funzionale delle parti che è sempre maggiore della somma delle prestazioni prese singolarmente) non è uguale alla somma delle sue componenti (rami, foglie, radici, etc.) ma è qualcosa di sé stante, di inscindibile, di non differenziabile nelle sue singole partizioni.
Molto spesso, nell’osservare un bonsai, accade che non si tenga abbastanza conto del dettaglio per rivolgersi subito all’intero; ma spesso si sbaglia nel considerare il particolare come equiparabile al totale. Nel bonsai d’avanguardia si tende verso l’aumento della complessità che rende meno leggibili e più evidenti l’armonia e l’equilibrio visivo, che va verso l’eliminazione radicale della corrispondenza ordinata delle parti quale criterio cardinale di identificazione del bello (che appare in questo modo al di fuori di qualsiasi legame, nella complessità strutturale dei pieni e dei vuoti).
Tutto questo si manifesta con un orientamento che, privilegiando l’espressività, si allontana, con uno scarto, rispetto agli schemi stilistici tradizionali. In questo contesto hanno un ruolo maggiore tutte quelle lavorazioni avanzate di cui ci occupiamo nello specifico. Ciò accade come superamento ed elaborazione nel pieno di una fase artistica che si considera “classica”, ossia produttrice di modelli esemplari, da proporre all’ammirazione e all’imitazione.
Ecco perché si parla di bonsai d’avanguardia. Molti i fattori che conducono a reali o apparenti effetti di abbandono delle norme codificate: il pathos che forza l’accettata compostezza delle forme precedenti; l’accentuazione di alcuni aspetti già rinvenibili nei precedenti “stili classici”; e un’altra variante, forse la più efficace, si ha quando l’artista acquisisce un potere crescente a quella forza eversiva e irrispettosa delle norme codificate che è l’immaginazione, la quale ‐ secondo Pascal e Baudelaire ‐ “dispone di ogni cosa” e continuamente “crea un mondo nuovo” e, poiché lo produce, è anche “giusto che lo governi”.
Non ci si aspetti però nuove regole codificate; occorre essere invece alla ricerca di un’ostinata armonia, che deve celarsi per non apparire subito evidente e scontata. Le teorie e le pratiche bonsaistiche si devono spostare invece in direzione di una interpretazione dell’albero che si inventi, di volta in volta, le proprie regole.
Diminuito il fascino degli schemi tradizionali, prende sempre più consistenza la ricerca del “nuovo” tramite una più elaborata e immaginata visione dell’albero, dagli effetti sorprendenti. La percezione del bonsaista perde così l’innata staticità intesa come organo recettivo: nel loro legame con la mente si rivela esercizio del varcare la nuova frontiera del bello che è però retaggio del bonsai contemporaneo. In tutto ciò si racchiude l’evoluzione stilistica che è un processo razionale e irreversibile: l’habitus creativo è riempito in modo differente da ogni Maestro.
Il bonsaista deve sapere indagare nel regno della visibilità, della tattilità, della manualità, tenendo fissa l’attenzione alla matrice estetica del bonsai. Lo stile è dunque il risultato scaturito da uno studio delle forme passate, con tutte le condizioni e le circostanze del divenire.
Questo ci pone di fronte a molteplici implicazioni chiamate in causa dal concetto di stile: il rapporto dello stile con gli stili (del passato, delle tradizioni, etc.); lo stile immanente al tipo di materiale (albero) scelto. La creazione di un nuovo stile non può essere risolto con soluzioni empiriche, pratiche, volontaristiche, connesse ad una qualche teoria dell’invenzione ex abrupto.
L’arte del bonsai ricondotta ad un unico principio – L’uomo non può creare che in maniera impropria: tutte le sue produzioni portano l’impronta di un modello. Se il bonsaista, per originalità, fa di alcune parti della pianta un insieme contrario alla natura, così degradandola, valida dei limiti segnati e quando li si sorpassa ci si perde.
La funzione del bonsaista non consiste nell’immaginare ciò che non può essere, ma nel ritrovare ciò che è. Per quanto concerne il bonsai, inventare significa riconoscere dove è e come è. Imitare è copiare un modello.
Questo termine contiene due idee:
1. l’albero che porta i tratti che si vogliono imitare;
2. l’esemplare che lo rappresenta.
La natura, cioè tutto quello che è, o che noi concepiamo agevolmente come possibile: ecco il prototipo o il modello bonsai. L’arte bonsai non crea le proprie regole: esso sono indipendenti dal capriccio e invariabilmente tracciate sull’esempio della Natura. Da questo principio, bisogna concludere che, se l’arte bonsai è imitatrice della Natura, l’imitazione deve essere saggia e illuminante, tale che non copi servilmente, ma che scegliendo talune peculiarità li presenti con tutta la perfezione di cui sono suscettibili. In breve, una imitazione in cui si veda l’albero come esso è in se stesso, ma quale potrebbe essere, come potrebbe essere concepito mediante lo spirito.