L'acqua d'irrigazione per i Bonsai

Nella pratica quotidiana della coltivazione bonsai, molti aspetti agronomici convergono, grazie ai nostri controlli su di essi, verso la buona salute delle nostre piante

riuscendo in molti casi ad accorciare i tempi di realizzazione delle prime fasi di modellatura e impostazione. Tra questi fattori rientra a pieno titolo l’acqua d’irrigazione.

Partendo dal presupposto che questo importantissimo elemento è alla base della vita e che gli esseri viventi ne sono dotati fino al 95% della loro costituzione, si capisce come la sua qualita sia un aspetto da non sottovalutare, pena il parziale e fallimentare svolgimento dei processi fisiologici interni.
Tali penalizzazioni ci inducono a controllare, laddove possibile, tutti i parametri che caratterizzano l’elemento liquido di base. Questi ultimi sono:
la Salinità – questo parametro è espresso come Conducibilità Elettrica e si misura in mS/cm o anche in Contenuto in Sali e si misura in mg/lt o ppm. Un valore limite è, per esempio 2,30 mS/cm, tale valore é caratteristico di acque irrigue ricche di sodio, cloro e quantità eccessive di microelementi. A tal proposito si ricorda che l’aggiunta di fertilizzanti diluibili in acqua ne aumenta la conducibilità e se le dosi di diluizione non vengono rispettate possono esserci danni da eccesso di elementi minerali espletati tramite bruciature e gravi ustioni agli organi su cui è maggiore la concentrazione degli elementi dopo l’evaporazione dell’acqua.
A questo proposito é da considerare potenzialmente dannosa la pratica della concimazione fogliare, se operata in periodi secchi e con t° alte, per la delicatezza degli organi fotosintetizzanti. Acque ricche all’origine di sali, ne apportano in quantità nel suolo, che arricchendosi, possono indurre fenomeni pericolosissimi di antagonismo nell’assorbimento degli elementi della nutrizione limitando o arrestando la crescita tramite fenomeni clorotici.
L’innaffiatura, intesa come pratica, deve quindi prevedere quanità d’acqua abbondanti per dilavare gli eccessi. Periodi stagionali pericolosi risultano essere quindi la tarda primavera e l’estate per la repentina evaporazione dovuta a t° elevate, con conseguente aumento dei su citati minerali.
La Durezza ‐ la durezza rappresenta il contenuto nell’acqua di sali di Calcio e Magnesio in soluzione ed e il grado di Durezza Totale espressa in gradi Francesi ed 1°F equivale a 0,01g di carbonato di calcio/lt, e il valore limite per definire un’acqua dura e di 35°F. Tale condizione rappresenta la possibilità di deposito di calcare su appoggi, vasi, foglie, con tutta una serie di restrizioni alla vita della pianta.
Il pH – l'acidità o la basicita dell’acqua è rappresentata, come in altri ambiti, dal ph e i range dei valori di riferimento vanno da 5,5‐6 fino a 8,4. Valori uguali o superiori a 8,4 indicano forte presenza di carbonati di Calcio e Magnesio. Inferiori a 8,4 sono presenti bicarbonati di Calcio e Magnesio. A valori inferiori a 7 insistono sostanze leggermente acide o organiche, ed è proprio in tali range, ovvero da 5,5‐6, quindi con valori acidi, che si verificano i massimi assorbimenti degli elementi nutritivi, in particolare micro‐elementi quali il Ferro.
Ne consegue che irrigare con acque “tenere o dolci” aumenta le possibilità di aumentare le quantità di nutrienti veicolabili all’interno della pianta, senza che siano persi per percolazione. Valori di ph alti con presenze esagerate di carbonati di calcio, inibiscono quindi l’assorbimento del Fe con conseguenti clorosi.
I Microelementi – E’ possibile anche che l’acqua di irrigazione sia eccessivamente ricca di elementi nutritivi, soprattutto Ferro, Boro, Rame, Zinco e Manganese. Anche gli eccessi di tali elementi nell’acqua possono risultare nocivi. I micro‐elementi presenti in quantità ridottissime, risultano nocivi a valori misurabili in ppm.
Una buona norma è quella di miscelarla con acque piu dure, solitamente nella % di queste ultime del 30%. 
Cloruri – Queste componenti rappresentano degli inquinanti per le piante, che, assorbendoli con una certa facilità, ne possono mostrare gli effetti caustici a concentrazioni di circa 120‐140 ppm.
Solfati – Questo anione viene assorbito con difficoltà dalle radici, mentre viene trattenuto molto dalla componente colloidale del suolo ed è per questo che metodi di irrigazione sul suolo che mirano ad una cessione del mezzo liquido graduale e delicata, ne limitano il trattenimento abbassando il valore tossico da 2200ppm a 90ppm.
Carbonati – La loro presenza è prerogativa di ph elevati (oltre 8,0), per cui il loro accumulo lo si riscontra tramite il deposito di patine biancastre su superfici, ugelli di irrigazione e nei pressi dei fori di drenaggio dei vasi.
Bicarbonati – L’irrigazione con acque ricche di tali elementi, provoca clorosi magnesiache e carenze di calcio, dovute al loro accumulo sulle foglie. Anche questi provocano otturazione degli ugelli di irrigazione.
S.A.R. Modificato – è il rapporto di assorbimento del Sodio ed indica la stabilità di un terreno o di una miscela. Le indicazioni che trasmette, legate alla salinità delle acque, indicano la capacità di un suolo di costiparsi e di creare croste asfittiche superficiali.In campo bonsaistico e in zone con acque saline, l’utilizzo di sola akadama comporta un peggioramento della stessa nei confronti della respirazione radicale e della disponibilità di alcuni nutrienti. Valori superiori da 7 a 8, provocano danni agli esemplari, mentre valori superiori a 9 danneggiano la struttura del composto nel vaso di coltivazione. Anche valori superiori a 6 di un altro parametro, l’ E.S.P. ( % di Sodio scambiabile) ci trasmettono un peggioramento della struttura di suoli argillosi, quali l’ akadama.
Normalmente, l’acqua di irrigazione coincide con l’acqua dell’acquedotto, per facile accesso e reperibilità, ma non è detto che questa sia di qualità per gli scopi irrigui bonsaistici. Risulta, infatti, che molte zone d’Italia presentano delle acque particolarmente dure che le rendono totalmente inutili ai nostri scopi. In tali casi la modifica tramite decantazioni, impianti di osmosi ecc. è d’obbligo. Prima dell’utilizzo di tali acque è consigliabile analizzarla presso laboratori specifici per decidere sulle eventuali modifiche da apportare alla sua qualità. In ogni caso si ricordi che il primo miglior modo per tamponare inconvenienti (seppur in parte) è l’agitazione del volume di liquido per favorire l’evaporazione del cloro utilizzato per la potabilizzazione e la decantazione in fusti profondi almeno 90 cm‐1 mt e per un periodo di almeno 48ore. Una volta attenuati i valori che rendono l’acqua dura e poco utilizzabile, l’aggiunta di aceto bianco di vino nella misura di un cucchiaio da cucina ogni 5lt d’acqua, la rende maggiormente idonea ai nostri scopi.
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