Spirito immortale
Era giugno del 2011, e la mostra annuale del Bonsai Club Castelli Romani venne ‘sigillata’ con la classica foto di gruppo.
Fu un'edizione della mostra di Frascati molto ben riuscita, per la presenza di Nicola "Kitora" Crivelli e di Luciana Queirolo, che diedero un apporto didattico importante. Sembrano parole di maniera, ma sentire e toccare con mano gli insegnamenti di due esperti di bonsai e suiseki che riuscirono ad integrare teoria e pratica fu una esperienza significativa, per la crescita del Club.
E a dimostrazione di quella particolare sintonia di cui fummo fortunati protagonisti, voglio raccontare una storia che parla sì di una pietra, ma anche di affiatamento, di collaborazione, di un cameratismo che spero si colga nei volti di quel gruppo di amici che si trovò a vivere per tre giorni immerso nella stessa passione e che ha trovato il modo di racchiudere quello ‘spirito’ in una pietra, diventata il “suiseki “ del club.
Quasi a ribadire la gradevolezza della esperienza, Luciana infatti ci volle regalare una pietra, dalle potenzialità non ancora del tutto espresse: stava a noi abbandonarla, o fare insieme il percorso che l’avrebbe fatta diventare un buon suiseki : una appropriata pulizia delle zone ancora sporche di terra, l’acquisizione di una buona patina, la costruzione di un daiza, la pianificazione di una esposizione. Il tempo a nostra disposizione non era poi molto...
Un'occasione infatti da non perdere era il Congresso dell’AIAS che si sarebbe svolta a Firenze, in settembre: il Bonsai Club Castelli Romani, socio AIAS, avrebbe avuto una sua pietra a rappresentarlo! La fase della pulizia fu relativamente semplice, ed occupò qualche incontro del club.
Fu volontariamente deciso di non pulire in modo esagerato la parte inferiore, lasciando la terra di degrado dello zoccolo, sia perché era molto dura, sia per evitare di alterare troppo una linea perimetrale che già presentava qualche problema costruttivo per il daiza. Già... il daiza... chi lo avrebbe potuto realizzare?
Sicuramente un amico, sicuramente un professionista del legno ed un appassionato del suiseki: Felice Colombari, socio AIAS e mio caro amico, accettò volentieri la sfida, e la pietra partì per Monza.
Come detto, la pietra presentava qualche difficoltà, non tanto sul fondo, sufficientemente piatto, quanto per la presenza di numerose rientranze, anche profonde, e per alcuni dislivelli proprio sul fronte.
Nella sequenza successiva, dall’archivio fotografico di Felice alcune fasi della lavorazione del daiza, che venne realizzato in mogano.
Dopo il primo scavo, effettuato con l’ausilio di un attrezzo professionale, che ha fresato restando leggermente all’interno del perimetro disegnato a matita, l’incavo viene poi perfezionato con un attento lavoro di rifinitura manuale, portandolo fino al margine reale. La pietra è incassata, si studia il posizionamento dei piedini, che dovrebbero essere intagliati nei punti di forza della pietra, dove essa va a sporgere.
A volte, però, è necessario fare alcune valutazioni, quando ad esempio seguendo questa impostazione di base ci si rende conto che i piedini sono troppi e troppo vicini tra di loro. Bisogna quindi semplificare e fare delle scelte.
Stabilite la posizione dei piedini, si procede all’abbassamento del muro, fino ad arrivare al risultato finale. Il legno segue ed accompagna i dislivelli della pietra, salendo e scendendo con precisione, come un vestito, come un guanto.
Il Tavolino da esposizione
Nel frattempo, iniziava lo studio del tavolino da esposizione: anche in questo caso la scelta era semplice, chiesi la collaborazione di Sergio Biagi, che ancora oggi realizza i miei tavolini. Il progetto di un tavolo inizia sempre dalle stesse fasi: la proposta, da parte di Sergio, di alcuni modelli che si adattano alla pietra, la scelta da parte mia della tipologia che preferisco, il disegno tecnico dopo averne stabilito le misure, al fine di proporzionare ogni elemento costruttivo, piano di appoggio, gambe, elementi decorativi. Ed anche in questo caso il tempo era poco. Comunque, già a fine giugno la pietra tornò a Roma, con il suo daiza, e rispetto alle foto eseguite durante la lavorazione, si è assottigliato ed abbassato, al fine di alleggerirlo, ed i piedini sporgono meno.
Era possibile procedere con il tavolo... a parer mio, la pietra richiedeva un supporto più alto del solito, rispetto allo standard che in genere utilizzo per i suiseki. Ho potuto quindi valutare tipologie che in genere scartavo, e questa volta sono partita da un tavolo pubblicato in una rivista UBI (N. 54 di Giugno 2011, articolo di Massimo Bandera sui vasi per bonsai) che mi aveva colpito per le gambe che partono leggermente dall’interno del piano di appoggio e poi si vanno allargando, terminando con una lavorazione che viene chiamata ‘a zampa di gatto’. In generale, il tavolo sembra innalzare il soggetto esposto come su un vassoio, da offrire agli osservatori.
Questo il punto di partenza e con Sergio, poi, sono stati modificati alcuni particolari, al fine di alleggerire e personalizzare il tavolo. E’ stato tolto il fregio centrale ed è stato modificato il doppio piano, fino ad arrivare al disegno del progetto. Questa tipologia in genere non è mai alta meno di 25 cm, ma per questa pietra sarebbe risultato esagerato. Feci alcune prove, comunque, fino ad arrivare ad un'altezza di 20 cm, che fece sì che Sergio, giudicandolo troppo basso, battezzasse questo tavolo ‘Il Tarpone’... e così è rimasto ! Il piano è lungo 45 cm, e largo 33: ricordo che la pietra è lunga 23 e larga 23, alta 13 cm.
Così fummo pronti per presentare il suiseki ‘Spirito immortale’ alla mostra AIAS di Firenze, settembre 2011. L’esposizione venne pianificata in base agli insegnamenti della Scuola d’Arte Bonsai, di cui i soci del club seguono i corsi, quindi senza kakejiku e con la sola pianta di accompagnamento, scelta da Giuseppe Cordone, vice presidente del BCCR.
Nessun premio ma... tanta soddisfazione! E la vita espositiva di questa pietra non era ancora conclusa, perché nel Giugno del 2012, in occasione della Mostra ‘Città di Frascati’, ci fu di nuovo l’occasione di portarla in mostra, sempre con gli stessi criteri espositivi.
A Frascati, Giuseppe Cordone completò l'esposizione arricchendola con un suo bonsai di ginepro. Eravamo ansiosi di sentire il giudizio di Luciana Queirolo, nostra ospite come giudice anche quell’anno: "Amavo particolarmente questa pietra, quindi sono emozionata nel vederla finalmente come suiseki, con il suo daiza, inserita in una esposizione che la valorizza. Tutto mi parla di vento fresco : il tavolo alto, il ginepro che andrebbe forse ancora pinzato ma sembra comunque anche lui muoversi nella brezza. Bravi!". ll suiseki fu ritenuto meritevole della Targa ‘Bonsai & Suiseki Magazine’, che adesso ne racconta la storia.
Ecco, il progetto era completato: un gruppo di amici uniti da una passione, un atto di generosità, un incontrarsi di anno in anno per fare insieme un percorso condiviso. Questo è insito nel nome poetico dato alla pietra, uno spirito immortale che superi il tempo e lo spazio.
E siamo finalmente ad oggi il Bonsai Club Castelli Romani ha scelto di riproporre questa pietra al Congresso AIAS 2013, che si è tenuto a Pescia in Settembre. La realizzazione di un Catalogo del Congresso, infatti, ci ha fatto riflettere... sarebbe stata una splendida conclusione, vivere ancora una volta nelle pagine di un libro!