Amare il bonsai

Dobbiamo guardare al bonsai come manufatto artistico che parla ai nostri sensi, per apprezzarne la bellezza, ma allo stesso tempo

il godimento che ne possiamo e dobbiamo trarne è di natura disgiunta da ciò che altrimenti indichiamo come piacere e di esso sospettosa.

Il bonsai costituisce curiosa vicenda, non solo perché ha spostato inconsapevolmente il nucleo dell’esperienza estetica dall’intelletto all’occhio, ma anche perché ha indotto il perseguimento di un’algida forma pura. Da ciò ne deriva il godimento sublime (e non sublimato) e aristocratico del bello che rappresentano per il bonsai una vocazione da sempre radicata.

I nostri occhi guardano la bellezza di un bonsai e la trasformano in estasi della mente e dei sensi insieme. L’amore per il bonsai ci spinge alla continua osservazione degli esemplari in natura.
Per quel che mi riguarda, ho avuto modo di ammirare sui monti siciliani spettacolari alberi ultracentenari. Sono un esempio prezioso e irripetibile per i bonsaisti isolani. 

Sono una testimonianza della potenza e della caparbietà della natura, del suo accanimento nella difesa degli alberi, nella ferrea volontà di farli sopravvivere a tutti i costi.

Il più vecchio in assoluto è un castagno che si trova a Sant’Alfio sulle pendici dell’Etna. E’ chiamato il “Castagno dei cento cavalieri” perché una leggenda narra che sotto la sua chioma si sarebbero riparati Giovanna d’Aragona con i cento cavalieri che la scortavano. Questo esemplare è radicato sulla lava da … 3000 anni.
Se continuiamo questo itinerario delle meraviglie, in località Taverna, a Mascali, si potrà incontrare un castagno più giovane: 2000 anni! Tra i paesi di Baronia e Noto (culla del Barocco) vivono da 1500 anni in piena salute 4 olivi.
A Castelbuono si incontra una maestosa roverella. Ogni naturalista che si trova in Sicilia dovrebbe percorrere l’itinerario che lo porta nello spettacolare Parco delle Madonie che offre una vegetazione ricca di oltre 1600 specie su 2700 presenti nell’area del Mediterraneo. Un ambiente prezioso, vario e complesso, quello madonita, che regala al visitatore una ricchezza inaspettata.

E basterà l’incontro con superbe piante continentali, tipiche dei climi freddi, accostate a rare specie d’Africa e d’Asia.
Vale la pena di soffermarci sui trenta esemplari di Abies Nebrodensis , stiamo parlando di esemplari unici al mondo, situati nel Vallone di Madonna degli Angeli, vicino il paese di Polizzi. Sono definiti dai botanici la “Cappella Sistina della natura”. Grazie ad un progetto si è proceduto ad isolare i trenta esemplari per salvare i semi dal calpestio di uomini ed animali.

Il risultato è stato rassicurante per il rischio di estinzione: sono cresciute spontaneamente sessanta piante, sono stati piantati centinaia di semi e ben quattromila piantine sono state messe a dimora dal corpo della Forestale.
Nel bosco di agrifogli di Piano Pomo si possono contare trecentoventi esemplari, molti hanno un’età di circa 350 anni. Li chiamano i colossi delle Madonie: il rovere e l’acero montano di Pomieri, il leccio di Piano Zucchi, via via arrivando all’ulivo ultracentenario che ancora è in pieno rigoglio. Nel Parco si scoprono sempre con emozione e grande sorpresa questi giganti della flora: la roverella di “macchia dell’inferno” ha 1000 anni, un tronco di 10 m di circonferenza; la sughera di bosco Sugheri alta 16 mt con un tronco di 4,50 m e un’età di 500 anni. A Gratteri si può ammirare il pero mandolino alto 10 m con un’età di 400 anni. Gli agrifogli di Piano Pomo, tra Petraia Sottana e Castelbuono, alberi maestosi alti 15 metri con un’età di circa 350 anni.
Immerso in un silenzio surreale, come se l’aspetto di questi esemplari lo imponga e pretenda, il visitatore affascinato potrà avvicinarsi al significato e all’interpretazione che gli orientali cercano di trasmettere.

E’ una delle Vie del bonsai.
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