L’estetica dell’eretto formale
L’estetica dell’eretto formale: un carattere molto rigido.
Lo Stile Eretto formale che i giapponesi chiamano chokkan, forse è talvolta ritenuto di facile realizzazione ma, al contrario, richiede esperienza e notevole senso estetico perché risulta, al contrario, di notevole difficoltà.
Per risultare armonioso bisogna conoscere molto bene le proporzioni che questo stile pretende, più degli altri, laddove – caso unico – devono convivere due concetti che sono sicuramente in antitesi: simmetria ed asimmetria. Ma questa parte la analizzeremo più avanti. Il risultato che si deve ottenere dall’impostazione di questo stile è l’aspetto vigoroso, un senso di stabilità e di perfetto equilibrio, “maestosità” accentuata dall’apparato radicale di superficie, in generale la sensazione di un albero nato e cresciuto in un habitat dalle condizioni atmosferiche equilibrate, in un sito dove l’assenza di intemperie, del vento in particolare, hanno contribuito allo sviluppo di un soggetto che possiede un rigore ed un equilibrio stilistico. Questo rigore, se vogliamo dare un’indicazione di sesso, porta le connotazione di una estetica maschile. Tutte le parti della pianta sono legati a questa forma di estetica e ne seguono i canoni. La ricerca della pianta naturalmente inizia dalla caratteristica principale dello stile: un tronco perfettamente eretto che possieda una notevole conicità.
Oltre alle caratteristiche del tronco, la posizione e la distribuzione dei rami è un’altra caratteristica da esaminare.
Questo stile è da consigliare ai principianti per cimentarsi con le regole che esso impone: la maggior parte delle caratteristiche dell’Eretto formale porteranno gradualmente il bonsaista, quasi senza accorgersene, agli altri stili-base.
Il tronco – La sensazione di dominanza e di forza che trasmette questo stile è dovuta in gran parte proprio al tronco perfettamente dritto e verticale. L’ampio nebari si deve estendere in radici di superficie che si affrancano nel terreno conferendo visivamente un senso di stabilità. Il peso dell’albero (parliamo di “peso visivo”) risulta perciò ben equilibrato scaricandosi equamente. E’ perciò necessario avere così un buon esemplare con un apparato radicale di superficie che si estende a raggiera. Spesso si riscontrano grosse radici in corrispondenza di rami robusti: questo fenomeno è spiegato dal fatto che la linfa tende a seguire un percorso verticale, quindi i rami principali dell’albero possono guidarvi nel posizionare e indirizzare le radici di superficie.
L’apice – Si pone il problema della capitozzatura dell’apice all’altezza più proporzionata e alla creazione di un nuovo apice. Si può effettuare la capitozzatura intervenendo all’altezza di un ramo anteriore e posizionarlo con il filo sulla stessa linea del tronco, oppure lasciare un piccolo moncone e legare il ramo a questo in modo da ottenere una linea dritta dalla base all’apice. Il moncone verrà rimosso dopo che il ramo avrà assunto la nuova posizione. Con l’altro metodo si può creare un jin nella zona del tronco capitozzato e questo diverrà il nuovo apice che esalterà pure la conicità.
I rami – Esaminiamo la disposizione partendo dal basso. Dovranno essere posizionati:
- Il primo ramo in basso deve essere il più lungo e va posizionato lateralmente a destra o a sinistra;
- Il secondo è più corto e più sottile del primo e deve trovarsi nella direzione opposta ad una distanza di circa 1/3 tra il primo ramo e l’apice della pianta;
- Il terzo, più alto del secondo, è posto nella parte posteriore della pianta.
I rami successivi che salgono verso l’apice partono dalla base in forma scalare, quindi risultano sempre più corti, più sottili e vicini e seguono una spirale virtuale. L’apice viene disposto leggermente inclinato verso l’osservatore, accentuandone il senso prospettico. Se il ramo posteriore non è compreso fra quelli laterali, una alternativa valida può essere quella di avere il ramo posteriore collocato al di sopra dei due rami laterali.
L’unico posizionamento da evitare è quello in cui il ramo posteriore risulta più basso, poiché questo appesantisce la prospettiva del bonsai e rischia di fare perdere il senso di profondità.
Se i rami sono posizionati più in basso dell’altezza-regola che lo vuole ad 1/3, si avrà l’effetto di un albero più corto di quanto in realtà non lo sia. Se i rami iniziano ad una altezza maggiore, l’effetto invece sarà quello di un albero più alto e più slanciato.
I rami posteriori devono essere sempre più corti di quelli laterali perché così si rafforza l’effetto prospettico e quindi di profondità. Il ritmo fondamentale dell’Eretto formale dei tre rami – laterale e posteriore – viene ripetuto lungo il tronco in maniera da ricalcare il ritmo creato nel primo livello. Nella zona apicale si potrà impostare qualche rametto sul fronte perché la cima assuma forma conica. La vegetazione dei palchi deve iniziare ad una certa distanza dalla parte basale e la parte inferiore deve essere priva del fogliame.
Visto di profilo, il ramo avrà una forma leggermente curvata, se la curva è eccessiva si ha un contrasto con la linea dritta del tronco. Questo deve avere una certa inclinazione verso la base (in natura ciò è causato dal peso dei rami e della loro vegetazione e in certi casi dalla neve che grava su di essi). Il palco fogliare avrà il profilo di un triangolo scaleno. Visto dall’alto ha una forma ovale, a diamante, o triangolare con la base rivolta sempre verso il tronco.
Per quanto riguarda la legna secca, e in questo caso ribadisco la tendenza ad una applicazione smisurata, esagerata, di queste tecniche, gli eventuali shari devono essere lavorati in modo tale da esaltare il carattere rigido del tronco che non subisce la predominanza e la devastazione degli effetti atmosferici. I jin vanno usati con maggiore larghezza e spregiudicatezza poiché il fenomeno dei rami spezzati, in Natura, è abbastanza frequente e riscontrabile pure in soggetti possenti come l’Eretto.