Bonsai stile bunjin

Bunjin

L'esaltazione dell'essenzialità

L'albero che appare nelle fotografie è un esemplare dal tronco vecchio e sottile, con molti rami apicali. Si pensa provenga da raccolta in natura; dovrebbe avere circa 80‐90 anni di vita. Prima dell'intervento qui esposto non era mai stato lavorato. Quest’articolo descrive il primo intervento di formazione di un pino silvestre in stile bunjin partendo da un materiale completamente grezzo.
Prima di iniziare ad illustrare la lavorazione vorrei fare insieme con voi alcune riflessioni sullo stile bunjin‐gi.
La forma oggi considerata rappresentativa per un albero bunjin è di un esemplare dal tronco vecchio ed esile, con pochi rami essenziali, un albero che possiede una grazia naturale, un albero che guardandolo non mette tristezza, ma placa l'animo.
Letteralmente bun significa lettere, scrittura e jin significa persona, quindi si potrebbe tradurre il termine bunjin come persona che ha le lettere, persona colta. Bunjin erano quindi letterati, per lo più monaci, ricchi proprietari terrieri o artisti o calligrafi.
Il contrario di Bunjin è Bujin, cioè uomo d’armi o soldato. Riferendosi invece a un bonsai, si utilizza il termine Bunjin Bonsai o Bunjin‐Gi o Bunjin‐Ki (Gi e Ki significano albero). Bunjin era una persona che non sentiva l’incanto della celebrità, del potere o della gloria, era una persona ricca di spirito.
Pertanto un albero bunjin deve esprimere la natura spirituale di questo tipo di persona. Forma e rami sono di una raffinatezza eterea. L'albero rifiuta il superfluo, riducendo i suoi elementi all’essenziale. I Bunjin raffinati scrittori e pittori erano in sintonia con la filosofia taoista e s’ispiravano ai fondamenti del Confucianesimo. Il Confucianesimo era una scuola di pensiero cinese fondata da Confucio, che era un letterato. Il Confucianesimo divenne dottrina base dello Stato cinese fin dalla Dinastia Han. Il principio ordinatore dell'Universo, secondo questa scuola di pensiero, era l'armonia (li'), che rappresentava il fine ultimo cui doveva tendere l'uomo attraverso il culto del divino e degli antenati, la cultura, il rispetto degli altri e l’esercizio costante delle virtù.
Rifiutare il superfluo

Dal loro pennello emergevano il vuoto, la solitudine, la malinconia e l'avversione che scatenava in loro la finzione. I letterati giapponesi che subirono l'influenza del gusto e del pensiero cinese, ricercavano la sublimazione nell'arte e permeavano il loro quotidiano di raffinatezza e spiritualità, rifuggendo da tutto ciò che era volgare. Non solo ammiravano le piante in forme naturali ma cercavano anche di vivere seguendo questa corrente artistica. Ma i letterati subirono anche l'influsso della filosofia taoista, che aveva una visione positiva della Natura e usava i paesaggi, per evocare splendide rappresentazioni del Paradiso taoista e delle Montagne sacre. Quindi, i letterati non si avvicinarono al Bonsai per perfezionare ed apprendere l'estetica, bensì per rappresentare alcune verità filosofiche e metafisiche. I bunjin adottarono l’immagine del Pino cresciuto su un dirupo, essendo il pino simbolo dello spirito del bunjin che cerca di vivere dei suoi ideali, senza compromessi. A poco a poco iniziarono a raffigurare i loro ideali in forma di bonsai.

La pittura bunjin (bunjin‐ga) non era realistica, né multicolore, ma più vicina alla pittura suiboku (letteralmente acqua e inchiostro, una pittura in bianco e nero, priva di linee e contorni marcati). Questo era lo stile che meglio poteva esprimere la raffinatezza e la grazia della natura universale, la mutevolezza dell'energia vitale, il ki di tutta la natura: montagne, fiumi, erbe, alberi... Si dice che per ritrarre un paesaggio il bunjin viaggiasse a lungo, solitario, in contatto con la natura, disegnando schizzi degli scorci più suggestivi; quindi tornava, stendeva un foglio di carta e con inchiostro e pennello dava voce a quel bagaglio di sensazioni e stati d'animo che altro non erano se non il respiro dell'universo.
In altre parole l’uomo conviveva con la natura unendosi con essa e continuando a vivere insieme. Questa via per scoprire l’essenza della vita è collegata fino ad essere essa stessa “l’estetica del Bonsai.” La nascita dello stile Bunjin non è ben delineata, anche se pare ricollegarsi alla seconda metà del periodo EDO, che intercorre dal 1603 al 1868. Prima di allora, intorno all'epoca Kamakura 1333, si parlava comunemente di bonsan (albero in vaso), termine adoperato in poesia o nelle presentazioni cinesi e del quale si trova ancora all'inizio dell'epoca Edo (1600‐1868), per indicare genericamente ciò che oggi è il bonsai.

La gente comune usava i termini hachi‐ue, o anche ue‐ki, con il significato di albero messo in un vaso. La parola bonsai compare per la prima volta nel XVIII secolo. Solo dall'epoca Meiji appare la denominazione albero bunjin o bunjin‐gi. Lo stile Bunjin nasce a cavallo tra la fine dell'Era Tokugawa (1868) e l'inizio di quella Meiji (1869), grazie ad alcuni letterati giapponesi molto conosciuti, come Sanyo, Chikuden, Yo‐ sa Buson (haiku) Taiga (pittori) Aoki Mokubei (ceramisti) e Chokunyu, che seguivano le regole di pittura descritte nel Manuale di pittura del giardino del seme di mostarda, inoltre ammiravano e studiavano a fondo dai libri Yuo Hikusai‐ gafu e Kaishi‐en‐kaden o Keshi-Gaden, considerati libri di testo per tutti quei pittori che si definivano innovatori e che erano ispirati dalla pittura Nansoga o Nanga (1127‐1279) condizionata dal folklore e dai dipinti della scuola cinese meridionale, la cui opera più famosa è il dipinto Canto del Sud.
Dopo la metà del periodo Meiji, il bonsai cessa di rappresentare il campo d’interesse dei soli letterati ed emerge la possibilità di sviluppo come arte di stile occidentale. La condizione di ricerca spirituale del periodo Edo che era l'aspirazione ostinata al principio "rispetta la realtà e liberati dalle illusioni", non era più adeguata al periodo Meiji, caratterizzato da una cieca impazienza per l'Occidente e i suoi valori. Venuta meno l'essenza del letterato, l’appellativo di bonsai bunjin, si allontana dalla natura del letterato per diventare espressione di forma. Non più,quindi, riferimento alla sfera spirituale, il nome si lega semplicemente alle caratteristiche di un aspetto esteriore.
Le caratteristiche e gli attributi (splendidamente descritte da Naka per noi occidentali) dello stile Bunjin sono:

1. Pur avendo un suo aspetto, non esiste una forma o un modello predefinito
2. Non è lineare ma irregolare
3. Come un cibo che all’inizio non ha sapore, ma più ne mangi e più la sua bontà ti pervade.
4. Sembra come se stia lottando per sopravvivere pur essendo in realtà estremamente in salute. Ciò che sembra quasi una lenta sofferenza deve essere solo concettuale, “non reale”. Il suo aspetto generale, deve semplicemente essere libero, non costretto, comprensibile, leggero, arguto e non convenzionale.
5. Un buon esempio, deriva dall’osservazione di alberi che abbiano sopravvissuto ad ogni sorta di disagio.
6. Evitare di aggiungere cose superflue, la forma definitiva deve essere essenziale
7. Dovrebbe indicare un grandioso ritratto pur essendo un semplice schizzo, un grande poema con una piccola frase
8. Una figura modellata dal vento, dal tempo, non troppo robusta ma semmai gradevole

La natura e le qualità del bonsai bunjin possiamo così tratteggiarle:
- l'apprezzamento del paesaggio;
- il cielo in un vaso;
- il senso di un'opera pittorica, un sogno, una sintesi, il sentimento di una poesia; eleganza, quiete, vetustà, modestia, mistero, la creazione di una forma che non ha bisogno di giustificazione..., di cornice... che testimonia la vita nonostante tutto... Basta.... il NULLA (mu, non voler dire unicamente nulla, ma significa anche la libertà totale che si consegue distaccandosi da qualsiasi forma e materia) che circonda l'albero...

Il bunjin‐gi deve trovare spazio nel vuoto, ma non colmarlo, nel vuoto ciascuno può manifestare cosa ha nell’ animo. Tuttavia non sempre tutti questi elementi sono riconoscibili nei bonsai bunjin. Per avvicinarsi a questo stile sarebbe vantaggioso studiare i Kanji (scrittura cinese o giapponese, Shodo).
Bunjin è un albero che, nonostante il tronco sottile, ha sopportato innumerevoli tempeste di neve; il continuo accanimento della natura ha ridotto il numero dei suoi rami e l'albero mostra la sua forza nella forma che gli consente di sopravvivere alle avversità della natura. Avrà una forma raffinata ed eterea ma colma dei rigori della natura implicita in essa.
Quest’aspetto ha in sé qualcosa d’impenetrabile, una bellezza unica, rappresenta lo stato di una profonda comprensione dei principi di wabi (semplice, calmo, quieto, solitario, ecc.) e sabi (maturo, vecchio, sereno, mite, ecc.)
In origine tutti i bonsai bunjin erano creati rispettando i principi di wabi e sabi. Per creare un albero bunjin è essenziale riprodurre sui suoi rami quelle linee forti e marcate, nelle quali la natura è maestra. Anche se non esistono norme precise, i bunjin‐gi dovrebbero avere una forma che richiami alberi che crescono in valli profonde, con crescita allungata in cerca della luce del sole, condizionati da altri alberi vicini.

Prima impostazione e potatura di una conifera in stile Bunjin

La foto 1 mostra il materiale di partenza scelto per creare un bunjin che esprima una condizione estrema: un Pinus silvestris alto circa 70 cm, che non presenta ancora una maturità di coltivazione (mochi‐komi). Come albero bunjin mostra intensamente, attraverso il tronco, la severità della natura che ne ha forgiata la forma. Non si può dire che sia molto elegante. Al momento la parte superiore presenta una crescita libera e vigorosa e i rami sono riuniti formando una chioma disordinata. Non c'è armonia con il tronco che, invece, esprime la severità della natura. Si tratta essenzialmente di eliminare i rami superflui ed avvolgere gli altri, correggendone la posizione. La difficoltà sta nel decidere, prima di tutto, il fronte dell'albero, poi i rami da togliere, quelli da mantenere e come correggerne la posizione. In altre parole occorre disegnare con precisione nella mente una forma chiara da realizzare. Il primo passo è di esaminare attentamente l'angolo d’inclinazione e decidere il fronte dell'albero.

Osservazione

Come si può valorizzare la torsione del tronco alla base delle radici? Valutando tutti i pregi e i difetti, progressivamente si determina il punto di visuale migliore: il fronte dell'albero. Viene eliminato il ramo lungo sul lato destro dell'apice, lasciando un moncone poi rifinito come jin. Dopo sono stati eliminati i rami nella parte apicale, lasciando soltanto pochi rami. Questo perché il movimento del tronco è perfetto per evocare una condizione ambientale sfavorevole alla crescita (foto 2, lato posteriore).

La forma

La forma bunjin ha un fascino ed un valore del tutto peculiare, dovuti all'intensa suggestione di maturità che esprime. Normalmente presenta un ramo marcatamente discendente, che dà carattere all'esemplare. I pregi particolarmente ammirati della forma bunjin sono la maturità di coltivazione (mochi‐komi), che dovrà acquisire negli anni, le curve delicate ed eleganti del tronco e l'atmosfera suggerita dalla ramificazione.

Il ramo discendente sul lato destro è fondamentale per dare carattere all'esemplare. Per questo motivo, dal fronte, si deve vedere chiaramente la sua posizione ed il suo movimento. Nel Pinus, i rami apicali dovranno essere alleggeriti nei prossimi interventi. Si osservi la foto che mostra l'esemplare al termine della modellatura: l'apice è una cupola di vegetazione formata da tanti rametti come avviene negli alberi vecchi e maturi, che hanno perso la spinta di crescita verso l’alto e raggiunta stabilità ed equilibrio di crescita. Avvicinare i rami al tronco e il disegno sarà valorizzato da ramificazioni corte e molto vicine al tronco.

Il progetto

Si tratta di rami che in giapponese sono chiamati kuytsuki‐eda, cioè rami che mordono il tronco, “bocconcino” e rappresentano una peculiarità della forma bunjin. Come quelli chiamati hashirieda cioè rami lunghi. Alleggerire il disegno è più facile a dirsi che a farsi. Normalmente non basta un unico intervento: occorre accorciare i rami gradualmente fino ad ottenere nuovi germogli in prossimità della base, che consentano il mantenimento di rami corti e compatti.

Questo procedimento richiede meno tempo nel caso dell'apice, poiché è la zona dell'albero che cresce e si sviluppa con maggior vigore, mentre è più difficile da applicare sui rami marcatamente discendenti della zona inferiore, meno vigorosa. Dopo questi interventi rilevanti non ci saranno altre potature della stessa portata, ma il lavoro sostanziale consisterà nel rendere folti i palchi, nella rifinitura e nel mantenimento del disegno raggiunto.
Il ramo dominante discendente è avvicinato al tronco per accentuarne l'angolo acuto alla base, segno di maturità e dell'ambiente severo tipico dell'alta montagna. Dopo l'intervento si può osservare un maggiore equilibrio tra le masse di vegetazione; il nuovo aspetto valorizza il movimento del tronco, mentre ogni ramo risulta più essenziale ed importante nel suo ruolo. Nel complesso il pino appare particolarmente vecchio, maturo ed evocativo del suo paesaggio tipico.

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